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LA MENTE IN AUTOMATICO Articolo di Giancarlo Fornei
Sono moltissime le cattive abitudini che costellano la nostra
giornata (fumare, abbuffarsi, mangiarsi le unghie) e che meriterebbero
di essere abbandonate per comportamenti più virtuosi.
Un compito molto difficile, anche quando scendono in campo esperti e psicologi. Il problema è che ancora oggi l’approccio prevalente, almeno da parte dei medici è quello prescrittivo: non devi fare così , devi fare cosà. L’atteggiamento prescrittivo può anche provenire da se stessi: i
famosi buoni propositi, una sorta di autoimposizione, obiettivi che,
nella nostra visione, dovrebbero essere raggiunti grazie alla forza di
volontà. Se finiamo di fallire nel compito è perché, per il nostro cervello, un’abitudine non è solo qualcosa di immateriale, ma è un automatismo profondamente radicato. E’ l’effetto dell’abitudine. Per il cervello un’abitudine è una via neuronale breve, che
consente di ottenere un risultato con maggiore rapidità e senza
richiedere energia ai sistemi di elaborazione cosciente. Quando vogliamo acquisire nuove abitudini abbiamo bisogno di tempo e
costanza, mentre quando vogliamo liberarcene spesso non ci riusciamo. L’abitudine diventa qualcosa di appreso attraverso l’esperienza, per via della ripetizione costante acquisisce un elevato grado di fissità; una volta acquisite vengono eseguite in modo automatico. Esistono anche le abitudini del pensiero che non hanno una
componente motoria e possono essere alla base, per esempio, di alcune
forme di pregiudizio (produzione di un pensiero indipendentemente dal
giudizio). Esiste un momento esatto un cui un gesto ripetuto molte volte diventa un’abitudine. Bere troppo, mangiare troppo, spendere troppo, sono comportamenti che, in alcune persone, diventano abitudini. Per evitare la tentazione bisogna avere autocontrollo. Uno studio effettuato presso la George Mason University di Washington,
ha dimostrato che questo meccanismo funziona solo in individui con
un’autostima elevata e buone capacità di relazioni interpersonali e se
si mette una certa distanza tra ciò che si decide di fare per
abbandonare una cattiva abitudine e il momento in cui si dovrà procedere
effettivamente. Le persone prendono decisioni più razionali e controllano meglio i propri impulsi se programmano di farlo a distanza di tempo. E’ più facile dire “dalla prossima settimana mangerò meno dolci” che mettere in atto immediatamente i buoni propositi. E’ probabile che in questo modo il cervello, nel corso della
settimana, visualizzi l’obiettivo e predisponga il terreno al
cambiamento di strategia pratica. Quando arriva il giorno fatidico, il nuovo comportamento non è
ancora un’abitudine dal punto di vista concreto, ma lo è già da quello
mentale. Tratto da un bellissimo articolo di Daniela Ovadia su Mente & Cervello di Marzo 2010
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